“Mai barattare la propria libertà” (Intervista)

Schermata 09-2456920 alle 18.00.29Giornalista e scrittore italiano di successo, che si caratterizza per il fatto che parla e scrive senza peli sulla lingua! Andrea Scanzi, fin dai suoi primissimi articoli “scritti per il giornalino universitario”, aveva la capacità come da lui stesso viene raccontato di “creare al contempo esaltazione e incazzature”. Ciò che salta subito all’occhio leggendo i suoi pezzi è il fatto che scrive quello che pensa, anche se questo vuol dire colpire i vertici del potere! Abbiamo intervistato Andrea Scanzi che si è dimostrato disponibile nel rispondere alle domande da noi poste, riguardanti la sua carriera.

La tua carriera giornalistica inizia nel 1997, che ricordo hai di quel periodo?
“Avevo 23 anni e frequentavo la Facoltà di Lettere ad Arezzo. Una vita fa, anzi molte vite fa. Nel frattempo c’è stato un matrimonio, un divorzio, tanti traslochi e tante donne. Soprattutto una, che molto mi ha dato e insegnato. Se mi guardo indietro non solo non mi riconosco, ma neanche mi ricordo granché. Ma l’inizio da giornalista sì che me lo ricordo. Scrivevo nel giornalino dell’Università e in una fanzine musicale. Si chiamava Zonedombra e la curava uno dei miei migliori amici, Gianluca Gori. Ogni articolo che scrivevo creava al contempo esaltazione e incazzature: evidentemente avevo già il dono naturale di non restare indifferente. Gianluca mi consigliò di spedire qualche articolo in giro. Era appena uscito Urban Hymns dei Verve. Lo recensii in mezzora e spedii il pezzo al direttore del Mucchio Selvaggio. Non avevo mai comprato Il Mucchio fino a quel giorno, lo scelsi su consiglio di Gianluca. Il direttore Max Stefani, il giorno dopo, mi scrisse chiedendomi di collaborare con lui. Ho cominciato così”.

Abbiamo visto la tua firma per Il Manifesto, L’Espresso, La Stampa per citarne alcuni. Ci puoi spiegare qual è il segreto di un così tale successo?
“Non so se ci sia un “segreto” e non so se si possa usare nel mio caso la parola “successo”. Ho sempre scritto quello che pensavo. Un po’ mi ha aiutato una naturale predisposizione a scrivere e un po’ la voglia di conoscere tutto. Ero il classico bambino che ripeteva sicuro: “Da grande voglio fare lo scrittore”. Ho avuto persone che hanno creduto in me in momenti decisivi, su tutti Edmondo Berselli. Un fratello maggiore che mi manca, ogni giorno. Dopo Il Mucchio e alcuni mesi a Rigore, un “settimanale di calcio e cultura” in cui mi firmavo “Andrea Rui Scanzi” in onore di Rui Costa, la prima svolta fu Il Manifesto nel 2002: scrivevo di sport, perché i direttori mi ritenevano troppo poco “de sinistra” per scrivere di politica e cultura. Nel 2005 passai alla Stampa, sempre come collaboratore (sono stato precario fino al primo aprile 2012), per volere dell’appena arrivato Giulio Anselmi. Nell’aprile del 2009 Marco Travaglio mi chiese di scrivere per Il Fatto Quotidiano, che ancora non era neanche nato. Non me la sentii e presi tempo: non me lo perdonerò mai. Nel frattempo alla Stampa era arrivato Mario Calabresi: mi dirottò a scrivere di moto per non farmi parlare di politica. Nel 2011 sono tornati alla carica Padellaro e Travaglio: ho accettato, con due anni di ritardo. Da allora la mia vita ha cominciato a girare vorticosamente. Una bella giostra”.

rionero8Ti occupi di tutto, dalla politica allo sport, ma dici che sembra essere un difetto, per quale motivo?
“Non è un difetto per me, ma per chi ha il mito della specializzazione. In Italia si ha questa idea insensata secondo cui una persona debba occuparsi sempre e solo dello stesso argomento. Mi annoierei tremendamente, e credo anzi che una delle mie forze – ammesso che ne abbia qualcuna – sia proprio la contaminazione. Ciò che gli altri chiamano “tuttologia” è per me curiosità culturale. E’ vero: parlo di musica, di sport, di politica, di vino. Parlo e scrivo di un sacco di cose. Se però me lo fanno fare, è perché evidentemente ho un pubblico che mi segue e reputa competente”.

Il tuo amore per la scrittura ti ha portato a scrivere dei libri, a quale sei più legato e per quale motivo?
“Voglio bene a ognuno dei miei libri, ma quello più caro è sempre il prossimo. E il prossimo sarà il mio primo romanzo, in uscita a marzo 2015 per Rizzoli. Il più personale è “I cani lo sanno”; il più venduto è “Non è tempo per noi”, che verrà ristampato e aggiornato a novembre nella collana Bur Bestsellers Rizzoli; e il più sorprendente rimane “Elogio dell’invecchiamento”: l’ho scritto quasi per scherzo, ma ha avuto molta fortuna ed è ancora uno dei libri più amati dagli appassionati di vino. Tra i miei primissimi libri, credo che quelli dedicati a Gilles Villeneuve e Marco Van Basten fossero ispirati. E l’autobiografia di Roberto Baggio, tradotta in tutto il mondo, coincise con il mio primo lavoro: anno 2001, testi di Enrico Mattesini e miei”.

Spesso ti si vede a La7 come opinionista e parliamoci chiaro non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno: questa sicurezza da dove proviene, solo dalla conoscenza?
“La tivù mi diverte, non l’ho mai demonizzata e la frequento con piacere. Amo anche contesti più leggeri, al G Day di Geppi Cucciari mi divertivo molto e mi diverto anche adesso a Tikitaka. La politica, dopo un po’, mi rompe le palle. Soprattutto in questo periodo. Spesso mi dicono: “In tivù non ridi mai”. Per forza che non rido: tu rideresti se avessi davanti certi politici? Se mi inviti con Michele Serra mi diverto, se mi inviti con la Picierno no. Ma non sono un “polemista” di mestiere. Ho avuto una buona scuola, questo sì. In casa mia, fin da quando ero adolescente, ho frequentato una palestra dialettica assai impegnativa: la mia famiglia. Quando impari a gestire il confronto con una “mastina” come mia madre, e quando hai la fortuna di avere maestri come lei, e mio padre, e i miei zii, e gli amici, e alcune ex compagne, a quel punto non temi nulla. Ha aiutato molto anche il teatro: da tre anni faccio 40-50 date a stagione. Ogni sera devi convincere e ammaliare, o anche solo non annoiare, spettatori paganti che sono usciti di casa per vederti e ascoltarti: una sfida dura e meravigliosa. Nulla è più formativo del teatro. Se non ti fa paura il teatro, figurati se ti fanno paura la Santanché e la Boschi. Aggiungici una supponenza naturale, un’autostima incurabile, un’affabulazione spero non sgradevole e un carattere da toscanaccio spigoloso. Non capirò mai i colleghi che vanno in tivù a fare le belle statuine o gli zerbini: non ci riuscirei mai. Per fortuna”.

trioSai che al giorno d’oggi è un lusso poter parlare e scrivere liberamente senza correre il rischio di subire ripercussioni lavorative in cui puoi scordarti di vedere pubblicato un tuo pezzo: tu puoi permetterti libertà perché ti sei fatto un nome?
“Scrivevo e dicevo le stesse cose anche quando “non mi ero fatto un nome”, solo che adesso ho un pubblico molto più ampio. Non concepisco l’idea di dire e scrivere cose che non penso. O mi garantiscono la libertà, o per me non c’è futuro. Allo stato attuale, l’unica oasi effettiva che conosca nel giornalismo cartaceo è Il Fatto Quotidiano. In tivù è diverso: se funzioni e fai ascolti, ti chiamano eccome. Anche se sei scomodo. In questo sono molto più “laici” e meritocratici i berlusconiani dei radical chic sinistrorsi. Esiste una censura, ma più ancora un’autocensura. Soprattutto in Italia. C’è poi una mancanza di talento imbarazzante: quando fai zapping e ti imbatti in giornalisti esilissimi, non è che lo fanno per pavidità. Spesso sono proprio così”.

Fai tranquillamente le pulci al governo, chiamando le cose con il proprio nome, ma questo ti attira tante antipatie. Ti è mai capitato di subire delle minacce per quel che scrivi e dici?
“Le antipatie vanno benissimo, sono spesso intollerabile e mi sopporto a fatica anch’io. Minacce online di continuo, anche sulla mia pagina Facebook o su Twitter. Da renziani, da berlusconiani, da grillini: se voglio, so restare indigesto a tutti. Poi capitano altre cose. Per esempio saltano dei contratti, soprattutto a teatro. Se fossi renziano, invece di 40-50 date a stagione ne farei 150. E frequenterei molti più salotti televisivi à la page. Che dire? Preferisco essere libero”.

Ci parli del tuo tour Gaber se fosse Gaber, da dove è nata l’idea di questo spettacolo?
“Uno dei regali più belli che la vita mi abbia fatto. La Fondazione Gaber mi chiese di ideare una lezione teatrale per una data a Voghera nel febbraio 2011. Doveva essere un evento isolato e ne è nata una tournèe che ha superato le 120 repliche e che ogni tanto riprendo. Ho poi scritto un altro spettacolo, Le Cattive Strade, prodotto da Promomusic e tuttora in tour. E’ dedicato a Fabrizio De André e con me c’è Giulio Casale. Mi sono laureato su Gaber e De André nel 2000: con questi spettacoli è come se avessi chiuso il cerchio. Il teatro mi piace. Tantissimo. Marco (Travaglio, NdA) fa spettacoli perché è l’unica maniera di raccontare storie lunghe che in tivù non trovano spazio, ma non ne ha il mito. Per lui il teatro è “solo” un mezzo espressivo. Io, al contrario, avverto proprio la sacralità della dimensione teatrale. Insieme al sesso, al vino, alla musica e alla conoscenza, è l’adrenalina a cui non posso rinunciare”.

cattiveTrovi similitudini tra te e Gaber?
“Gaber è un gigante e io un pizzettaro. Non scherziamo. Se c’è una similitudine, è solo nell’approccio iconoclasta e urticante. Nell’avvertire l’urgenza di provocare costruttivamente il lettore e lo spettatore per costringerli a una reazione, a una riflessione, a uno scatto. In questo, sì, Gaber e Sandro Luporini mi hanno influenzato enormemente”.

Parliamo di politica, cosa ne pensi del governo Renzi?
“Un mix di incompetenza e arroganza raro. Renzi è lo “sfigato” che non invitavano alle feste delle medie. Forse è uscito dalla canzone Tapparella di Elio. E adesso si vendica, col sorriso sulle labbra ma efferatamente, quasi come il giudice di De André. Renzi è un restauratore, un berluschino circondato da yesmen deboli e vestali improponibili. L’Italia, allo stato attuale, è vittima di una sbornia per un Panariello minore. Auguri”.

A parer tuo se ci fosse il M5S al governo potrebbe far meglio di quello attuale?
“Bravi a fare opposizione, bravissimi a farsi male da soli. Persino un criceto ripetente farebbe meglio di una Boschi o una Madia, ma i 5 Stelle al governo del paese non andranno mai. E dunque non ha senso porsi una domanda simile”.

Vuoi dare un consiglio a coloro che vogliono intraprendere la carriera giornalistica?
“Mai stato un granché a dare consigli. La carriera giornalistica era già difficilissima quando avevo 20 anni, figuriamoci adesso con Internet e la crisi. Non ci sono consigli o strade maestre. E’ ciò che volete fare? E’ davvero il vostro sogno? Provateci. Non demordete. E non macchiatevi del reato peggiore: barattare la vostra libertà”. (Desirè Sara Serventi, Notizie Nazionali)

10 Comments

  1. Credo anche io che i 5 stelle non andranno mai a governare ma bisognerebbe spiegare anche il perche’..Ti immagini cosa succederebbe all’indomani di un’ipotetica vittoria? Ci ritroveremmp i carrarmati americani pronti a bombardarci da una parte e le lobby mafiose massoniche dall’altra..Sarebbe un gran disastro mettere in discussione tutto il sistema marcio di cui godiamo ma che si regge su degli equilibri intoccabili..Chiunque abbia provato a scardinare qualcosa ha pagato con la vita..immagina se un movivmento politico vincente per opera del popolo dovesse prendere il potere…Guarda solo facendo opposizione come tutto il sistema gli si e’ ritorto contro.. Vero e’ che molti errori li hanno fatti anche loro ma di una cosa sono certa e cioe’ che fino ad ora ssi sono rivelati INCORRUTTIBILI che de sti tempi non e’ poca cosa. Ad ogni modo mai dire mai. “L’italia deve cambiare con dolore” e’ una frase che mi colpi’ molto detta da un mio amico americano. Per il resto bravo Andrea (e poiche’ spesso il tuo pensiero e’ allineato con il mio sarebbe come dire brava a me stessa)

    • Contesto senza soluzione? arrendevole accettazione? concreta manipolazione? conclamata ostruzione? boicottata l’istruzione? impensabile rivoluzione?
      p.s. tra le lobbies ti sei dimenticata quella ecclesiastica?

    • Non ci andranno per il semplice fatto che il sistema marcio su cui è costruito il nostro paese è fatto in modo da non rendere possibile il cambiamento. Finché i media nazionali saranno in mano ai partiti e l’informazione che ne passa è quella attuale allora non sarà possibile nessun cambiamento. Purtroppo la gente si informa tramite giornali e televisione, e come si sa tranne le dovute eccezioni sono tutti a 90° al servizio del Renzi di turno. Non è pessimismo ma solo realismo.

    • Perché il 25% è già stato un dato eccezionale per un Movimento non supportato da alcun partito tradizionale, alcuna televisione e mal visto dal 95% della stampa nazionale. Sarà difficile ritornare a quei livelli, anche se tutte le votazioni e le proposte del M5S sono state e saranno sempre le più illuminate e corrisponderanno alla volontà di cambiare e di avere un’Italia più pulita, in tutti i sensi, e giusta! Serve un miracolo…

  2. Perché mi vuoi togliere la speranza che il M5S possa riuscire, prima o poi, a governare? Perché pensi questo, Andrea?

  3. “…mi firmavo’ Andrea Rui Scanzi’ in onore di Rui Costa”.
    Come dicevamo tra amici in quel periodo “Se nel calcio non ci fossero le porte, Rui Costa sarebbe il più grande giocatore di tutti i tempi”.
    Sono d’accordo con quello che scrivi, una sola cosa non mi piace, quando attacchi Renzi con epiteti tipo “sfigato, citrullino pingue” e simili, perché scendere nel personale indebolisce le giuste critiche che gli muovi (incompetenza, superficialità, autoritarismo, ipocrisia, arrivismo). E’ un appiglio che usano i renziani per dire che saresti animato da astio personale quando lo critichi. So che questo stile satirico è tipico dell’area toscana (sei di Arezzo, e lo spirito di Pietro Aretino è vivo e lotta insieme a noi), però anche se a tratti divertente può risultare un handicap, specialmente agli occhi di certi (finti) perbenisti. Per quel che riguarda il tuo smisurato ego, beh, neanche l’avvocato del diavolo potrebbe difenderti da questa “accusa”; al massimo potrebbe far notare che chi ha un’alta opinione di sé non necessariamente dice bischerate (cioè si può essere narcisi senza essere Renzi).

    • Non potrei essere più d’accordo. Gli epiteti che usa (inutili ed evitabili) sminuiscono le critiche (sacrosante e veritiere) che muove. E’ uno dei principili limiti che si porta dietro anche la scrittura di Travaglio

  4. Caro “amico”Andrea concedimi esserti amico anche se pur virtualmente su questo luogo fatto di schermi ed elettronica solo dirti che se senza ombra di dubbio siamo nella merda e non è un eufemismo ma il vero nome a cui si può appropriare la realtà del nostro bel paese oggi e siccome la speranza da sempre come si dice e’ l’ultima a morire ebbene leggere te ed altri tuoi (meno male) illuminati colleghi mi offre una certezza che ancora non siamo completamente al di sotto di quella poltiglia sopra menzionata. Un saluto pieno di vera stima. Lorenzo (Gaiole)

    • Speriamo, almeno, che con il governo Renzi e alleati, non arrivi l’onda di piena. Purtroppo vedo troppa gente in giro distratta e senza salvagente o, peggio ancora, intenta a trafficare con inutili “toys” elettronici che la fanno sentire al passo con i tempi. ” sed mala tempora currunt” e speriamo che un po’ di queste persone si sveglino dal loro torpore elettronico e tornino a guardare dove mettono i piedi, perché ripulirsi dalla m..da, seppur digitale, sarà molto, ma molto difficile!!!

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