Dramma Gazza, talento triste in caduta libera

article-2278258-178DC43E000005DC-399_306x423Poco più di un anno fa, dopo l’ennesima ricaduta nell’alcolismo e un ricovero d’urgenza pagato dagli ex compagni come Gary Lineker perché nel frattempo i soldi li aveva quasi finiti tutti, Paul Gascoigne detto “Gazza” incontrò a Londra un gruppo di fans. Li rassicurò: “Voglio tornare alla realtà, a differenza di George Best voglio guarire”. Forse non era sincero e forse si era sopravvalutato un’altra volta. Due sere fa è stato trovato ubriaco davanti alla sua porta di casa a Sandbanks, località costiera nel Dorset affacciata sul canale della Manica, con una bottiglia di vodka in mano. Aveva appena chiamato un amico: “Sto a pezzi, aiutatemi”. Nelle foto, scattate mentre lo conducono in ospedale, appare trasfigurato e consumato. L’amico ha confermato: “Paul ha ricominciato a bere. Il padrone di casa gli ha ordinato di lasciare la casa entro dieci giorni perché i vicini si sono lamentati per i rumori. Questo ha aumentato il suo disagio”. Poche ore prima era circolata la notizia secondo cui, dieci anni dopo il ritiro, Gascoigne sarebbe tornato in campo a 47 anni con l’Abbey Windows FC, una squadra amatoriale di quarta divisione. Avrebbe potuto esordire a settembrecontro il Rentech Repairs, un’azienda di riparazioni, o contro l’ARC Cleaning, una ditta di pulizie. L’invito era arrivato da Chris Foster, tassista e presidente dell’Abbey: “Gli ho promesso che, ogni volta che viene a giocare, lo passo a prelevare a casa gratis”. Probabilmente non se ne farà di nulla. Talento tanto vero quanto autodistruttivo, Gascoigne ha colorato la sua genialità di una guasconeria ostentata. Ha sempre fatto più notizia per le stranezze che per le giocate, e a volte sembrava lui stesso il primo a volerlo. Quasi che, finché poteva godere della ribalta calcistica, il nichilismo fosse tutto sommato controllabile.
Poteva vincere tutto e ha vinto poco, poteva fare quasi ogni cosa e ne ha fatte poche. Eppure, soprattutto negli anni spesi con Newcastle, Tottenham, Lazio (1992-95) e Rangers, sembrava felice. Una felicità esagerata e urlata. Giornate da fenomeno si alternavano a prestazioni smisuratamente apatiche, complice un grave infortunio patito durante l’ultima partita con il Tottenham che ne condizionò il rendimento in Italia. Prima dell’esclusione dai convocati per i Mondiali ’98, che non ha mai metabolizzato appieno, appariva in qualche modo spensierato. Molto e forse pure troppo. Gigi Corino ha raccontato che per lui era normale “farti la cacca sui calzini e poi metterteli a posto come nuovi”, Casiraghi ricorda ancora quella volta che sfruttò una serie di gallerie sulla A1 per sedersi accanto a Zoff nel pullman della Lazio e spogliarsi totalmente mentre l’allenatore dormiva. Quando Zoff si svegliò, biascicò solo: “Gazza, ma che cazzooooo fai?”. Zoff ha più volte garantito di non avere mai conosciuto “un pazzo come lui”, ma lo ha sempre detto senza astio, confermando come la follia di Gascoigne – finché ha potuto giocare, e sapeva giocare splendidamente – avesse un’inclinazione più buffa che maledetta. Più ludica che fastidiosa. Più cazzara che antipatica. Dopo il ritiro quella follia è esplosa nel dolore. Nella violenza. Nella malattia. Ulcere perforanti, crisi cardio-respiratorie, coma, aggressioni a ex moglie e tifosi, camere d’albergo distrutte, voci che lo davano affetto da Sla, ricoveri coatti, bancarotta. Da almeno otto anni, Gazza non smette mai di ferirsi.
Uno dei gol più belli lo concesse a Euro ‘96 contro la Scozia. Si disputavano in Inghilterra e aveva il paese ai suoi piedi, ma anche allora avvertì il bisogno di sporcare il protocollo. Pochi giorni prima erano circolate le foto di lui, sdraiato sul tavolo di un pub, mentre gli amici gli versavano addosso la tequila. Dopo il gol, simulò la stessa scena sdraiandosi a terra e chiedendo ai compagni di schizzargli in faccia l’acqua delle borracce. Amava così tanto Paul-Gascoigne_29Roberto Baggio che una volta si presentò con un codino posticcio. Era bruttissimo e dopo tre giorni lo buttò. Non amava i giornalisti e alle domande rispondeva a volte con un rutto, ma con la Gialappa’s ha scherzato spesso. In Scozia, dopo un’ammonizione, all’arbitro cadde il cartellino dalle mani. Lui lo raccolse da terra e, prima di restituirlo, ammonì a sua volta il direttore di gara. Durante i Mondiali di Italia ’90, a bordo del Boeing che trasportava la nazionale inglese, chiese al pilota di farlo entrare in cabina. Il pilota acconsentì e, già che c’era, gli mostrò il bottone per virare la rotta. Gazza lo premette e il Boeing andò tre miglia fuori rotta: “Dovevate vedere la faccia del pilota”, disse ridendo ai compagni. Appena arrivato in Italia si buttò nella vasca delle aragoste di un ristorante romano per far capire al cameriere quale volesse mangiare. Prima di una Inghilterra-Norvegia, gli chiesero se volesse dire qualcosa ai rivali. Lui: “Sì. Fanculo Norvegia!”. Ne nacque quasi una crisi diplomatica. Si faceva accompagnare da un amico non meno pazzo, Jimmy “Cinquepance” Gardner, che conosceva come lui la realtà di Gateshead in cui è nato nel ’67: birra, pub, sussidio di disoccupazione, amici e sbronze. Prima che l’alcol lo travolgesse, Gascoigne sapeva essere un battutista sublime. Durante un allenamento con il Tottenham, un compagno calciò la palla oltre il campo. Paul promise: “Mister, la cerco io”. Scavalcò la rete e scomparve. Ventiquattro ore dopo, rientrando dallo stesso punto e con la palla sotto il braccio, disse come niente fosse: “Ehi, ragazzi, l’ho ritrovata!”. In bocca al lupo, Gazza.

 (Il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2014. Extended version) 

5 Comments

  1. Mah. Probabilmente tu ami questo personaggio quindi non solo non lo critichi ma ne proponi una versione paraepica raccontandone le gesta.
    Io invece non lo amo e mi permetto di criticarlo senza pietà.
    Un coatto di rara scelleratezza, tanto per rimanere in tema con l’articolo su Verdone.
    Uno che la volgarità ce l’ha nel sangue, o almeno in quelle tracce sperdute nell’alcol.
    Uno che tradisce puntualmente la fiducia. Uno che promette e non mantiene e che alla fine della festa ha pure la faccia tosta di dire “aiutatemi”.
    Un “battutista sublime” casuale visto che ha dimostrato ampiamente di non saper distinguere tra l’ironia e la goliardata della peggior specie.
    Giustificazione classica: non è cattivo. Non ha ammazzato nessuno.
    Verrebbe da dire: per puro caso. E se fosse avvenuto sarebbe stato all’insegna della più totale incoscienza, quella dettata dalla stupidità assoluta (i famigerati “futili motivi”) per certi versi ancora più grave della cattiveria.

    • “…se tu parlerai, se giudicherai da buon borghe-ese li condannerai a cinquemila anni più le spe-ese, ma se capirai se ricercherai fino in fondo, se non sono gligli son pur sempre figli, vittime di questo mo-ondo”

      Faber docet.

      • “… reinventare De André in un modo il più possibile personalizzato, non canonizzandolo, non fossilizzandolo […] mi sembra che viviamo in un’epoca in cui è molto importante ricordare le cattive strade e cioè smarcarsi dal luogo comune, smarcarsi dalla retorica, smarcarsi dal buonismo, smarcarsi da qualcosa che ci sta paralizzando…”

        Giulio Casale dixit

        Ps Tanto per “sottolineare le contraddizioni più che il volemose bene”.

    • Era fuori di testa, era malato, era alcoolizzato, era drogato, ma se ti considerava un amico, faceva tutto quello che poteva, per te. Lo conoscevi e sapevi che non potevi dargli fiducia, e se gliela davi e lui non la rispettava,non potevi incazzarti, perchè tu lo sapevi, e glielai data comunque, non era solo un Buontempone, era è malato, le sue richieste d’aiuto sono vere, combatteva la depressione con l’alcool, e facendo il clown, e se non poteva fare niente, la depressione lo colpiva sempre più forte.
      A differenza di Cassano e Balotelli, lui doveva fare certe cose o stava male, i primi 2 sono affogati nel denaro, e pensano che gli altri siano stupidi rispetto a loro, Gazza sapeva di essere stupido, ma se i primi 2 non li sopporti, Lui lo puoi anche amare. Era un talento, ma si è sfasciato le ginocchia, oltre a essere alcoolizzato. Claudia non incazzarti tanto con lui, non è Balotelli, lui è malato sul serio, le sue grida di aiuto sono reali, nei momenti di sobrietà. la clinica gliela pagano i suoi ex compagni di squadra, vuol dire che alla fine l’hanno sempre amato, e loro, lo conoscevano

  2. L’essenza di uno scrittore è nel suo linguaggio: non conoscevo questo calciatore, ma le voci che tu hai utilizzato strillano il suo disagio, pur senza aggredirlo né giudicarlo, permettendo a chi legge di accostarsi con delicatezza alla bizzarra e tenera fragilità del personaggio, per conoscerla e rispettarla.
    Bravo!

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