S’io fossi Gaber arderei ‘l mondo

Nella società castale indiana, il paria rappresenta il reietto per definizione, un relitto umano posto al di fuori della società. Ebbene, più passano gli anni, più la società è dominata dal cancro del conformismo, della banalità e della ipocrisia, più quIMG_2607esta parola strana, “paria”, appunto, assume a mio avviso un significato positivo. Cosa c’è di migliore che essere “fuori dalle caste” al giorno d’oggi? E naturalmente non mi riferisco alla casta di Stelliana e Rizziana memoria, ma alla volontà di essere fuori dai giochi, quelli ufficiali almeno, ed osservare il mondo e i suoi rituali da outsider. Per l’intellettuale, poi, questa condizione appare ancora più ideale poiché gli consentirebbe di perseguire quella aspirazione all’Oltre che in troppi adesso sembrano av smarrito. Lo diceva uno scrittore dannato più che scomodo come Drieu La Rochelle: “La funzione dell’intellettuale è di andare al di là dell’avvenimento contingente, di tentare cammini rischiosi, di percorrere tutte le strade possibili della storia. Niente di grave se sbagliano. Hanno compiuto una missione necessaria, quella di andare dove non c’è nessuno”… Parole cadute tristemente nel vuoto e sono pochi coloro che a questo imperativo categorico si riferiscono.
Negli ultimi mesi, negli improbabili teatrini televisivi, tra mummie, pagliacci ed umanità varia, è planata una figura nuova, diversa: si veste come un ragazzo normale, sembra esser portatore di passioni e disgusti culturali più che politici, sembra, insomma, provenire da un luogo sconosciuto agli opinion makers di casa nostra ossia la realtà! Il suo nome è Andrea Scanzi, giornalista, scrittore, sommelier, e da qualche tempo anche attore con lo spettacolo “Gaber se fosse Gaber”, un sentito omaggio al creatore del “Teatro Canzone” nel decennale dalla scomparsa, che appare come un lungo articolo, sincero, arguto e divulgativo al contempo dove i link ipertestuali altro non sono che gli stralci gaberiani (canzoni, filmati, fotografie) proposti nella devota rievocazione teatrale. E proprio in occasione della data fiorentina di “Gaber se fosse Gaber”, presso il Teatro Puccini, abbiamo incontrato Scanzi, disponibile e sorridente, che proprio qui, nel Maggio del 2001, salutò per l’ultima volta il cantante-attore milanese. Liberamente abbiamo riflettuto sulle miserie del presente rievocando però anche i lampi che ci hanno attraversato e che ancora ci attraversano… La volontà che anima Scanzi è stata espressa in maniera molto chiara: mettere in discussione tutto, a qualunque costo. Bentornata libertà, ci verrebbe da dire…
Da dove nasce la necessità, l’urgenza di ricordare Gaber oggi? Sappiamo che il motivo “tecnico” di questo spettacolo è la commissione da parte della Fondazione Gaber, circa due anni fa, ma credo occorra muoversi oltre e chiedersi quanto la parabola di questo artista manchi all’Italia odierna?

Ritengo ci sia bisogno di ricordare un personaggio che è famoso, ma non sufficientemente conosciuto. Mi spiego meglio: di Gaber in tantissimi conoscono il nome, magari qualche canzone del primo periodo, ma sfugge la parte più importante, ossia la produzione teatrale, quella di un artista scomodo, urticante, talvolta violento che le televisioni e i mass media in generale intendono censurare oggi, come in passato. Credo che al nostro Paese manchino figure come lui, così straordinariamente libere (citerei anche Pasolini, e pochi altri)… Gaber era infatti un uomo del dubbio e non delle certezze, che amava mettere in discussione soprattutto ciò che sentiva più vicino, un insegnamento che è estremamente attuale, ma di cui non si trova quasi più traccia.

485887_543408539008812_992451024_nDunque questa Italia sempre più orfana delle sue figure più profetiche, più visionarie, più “urticanti”, come dicevi giustamente tu, riesce oggi ad esprimere qualche fermento che possa indicare nuove strade di creatività o di contestazione efficaci? Personalmente quello che trovo più preoccupante è il grande clima di rassegnazione che si respira: come possono germinare delle avanguardie se non si immagina che i paradigmi possano essere attivamente cambiati, mi chiedo…

 Direi che rispetto alla stasi di circa dieci anni fa adesso qualcosa sta provando a rinascere, anche se in maniera terribilmente caotica. Il problema vero è che anche quando sembra riaffermarsi un desiderio di appartenenza e partecipazione non c’è alcuna voglia di abbracciare una idea col dovuto beneficio del dubbio… Si assiste ad una radicalizzazione estrema: bianco e nero, giusto e sbagliato! Ci sono insomma troppi tifosi (peraltro neanche sostenuti dalla ideologia, come accadeva negli anni settanta) laddove servirebbero piuttosto persone in costante ricerca… E naturalmente gli intellettuali odierni non sono da meno!

La tua presenza all’interno del teatrino massmediatico è sempre più forte, ed oramai, per quanto questo possa farti sorridere, anche tu sei quello che chiamano un “opinion maker”. Come ti relazioni a questa realtà e a questo ruolo? Cosa cerchi di fare per esserne degno (ammesso e non concesso, proprio come Gaber ci insegna, che “fabbricare opinioni” sia cosa meritevole…)  e per lasciare un lascito positivo, anche minimo, ai tuoi lettori ed ascoltatori?

 Cerco soprattutto di mettere in pratica un insegnamento, umano più che intellettuale, che reputo molto importante, ossia quello di mettere sempre in discussione tutto! Quando mi chiamano in televisione vorrei che chi mi ascolta si ponesse costantemente dei dubbi; la condivisione di per sé non mi interessa e preferisco non risultare indifferente. Inoltre detesto la tipica autoreferenzialità dell’intellettuale di sinistra e devo ad ogni costo tenermici lontano, non per mero spirito di provocazione…Il rischio, semmai, è quello di essere “etichettati”, quale che sia la tua posizione reale: io ad esempio sono spesso convocato per “fare il grillino”, solo perché mi sono occupato del fenomeno del M5S. Per fortuna, leggendo i commenti di chi scrive, mi capita di far arrabbiare tanto il “fan”, quanto l’oppositore dichiarato, e questo, ti confesso, mi tranquillizza molto!

C’è una cosa che apprezzo vedendoti parlare nelle trasmissioni televisive: ossia che non appari, come molti, una crisalide vuota, priva di vita, ma sembra che dietro di te agiscano passioni ed interessi palpitanti, oltre alla politica. Quali?

camogli8In Italia se sei eclettico, se hai tante passioni finisci per esser definito con disprezzo un “tuttologo”, ma è un rischio che mi prendo volentieri poiché sono davvero lieto di esprimere le mie passioni, tutte. Per me sarebbe aberrante disquisire tutta la vita di un unico argomento e amo parlare di tutto ciò che mi piace: la musica innanzitutto (i cantautori, ma anche il jazz, i grandi chitarristi…), poi il vino, da buon godereccio, e anche lo sport, il cinema, e naturalmente la letteratura (Saramago, Fenoglio…).

In questa nostra conversazione abbiamo parlato molto del nostro presente; cerchiamo di essere ancora più espliciti… Se al volo dovessi dire cosa ti piace e cosa non ti piace del Paese in cui viviamo cosa risponderesti?

 Sarò banale, ma viaggiando molto mi sono reso conto che la bellezza dell’Italia è ineguagliabile. Vivere qui, anche se magari in una dimensione più “da turista” è davvero un grande dono. Degli italiani invece odio la tendenza a non volersi sporcare le mani, a non schierarsi, a stare dalla parte del più furbo per convenienze poi tutte da verificare. Avremmo molto da imparare dai nostri errori del passato e invece non lo facciamo mai!

Consentiamoci per un attimo di essere banalmente autoreferenziali… Quali sono i tuoi progetti futuri?

Da qualche mese il ritmo delle mie attività è aumentato in maniera vorticosa, dunque davvero ci potrebbero essere progetti futuri che io al momento neanche immagino. Certo è che intendo continuare la mia collaborazione con “Il Fatto Quotidiano”, così come continuare con le rappresentazioni teatrali di “Gaber se fosse Gaber”, probabilmente anche affiancandole a quelle di un nuovo spettacolo su De Andrè. Potrebbe poi esserci qualche conduzione televisiva, ma il vero obiettivo adesso è tornare a scrivere un libro, e in questo caso sarebbe un romanzo, per toccare ancora una nuova dimensione, quella che al momento mi fa più paura. (di Antonello Cresti)

 

3 Comments

  1. Andrea Scanzi ti stimo x la tua cultura, professionalità e sarcasmo (passerei le ore a vederti insieme ai Gasparri, Santanchè, Formigoni, Gelmini, Giovanardi, Bondi, Brunetta e tutta quella maramaglia…….SEI IL NUMERO UNO DELLA NUOVA LEVA DEL GIORNALISMO ITALIANO…..!!!!!!

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